Testimoni:
R103, f. 44v:
Soneto di mess(er) franciescho
Bibliografia: Solerti,
Disperse, pp. 217-218; Massèra,
Rime, pp. CXXIX, 195; Proto [Recens. Massèra], pp. 113, 123-24; Branca,
Rime1, p. 352; Bianchi,
Petrarca, pp. 62-63; Lanza,
Rime, pp. 124-125; Leporatti,
Sonetti attribuibili, p. 211; Proto [Recens. Solerti], p. 36.
Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CDE con rima E imperfetta per un probabile guasto
Si rilevano sicuri errori solo ai vv. 3
quels p. o con segno simile a
s dopo
quel (quel p.) e 13
tenr (cener); va inoltre corretto al v. 12 per ragioni prosodiche
vo in
vole (Lanza
quando vo, che io, «vo: vado da lei»). Negli altri casi, trattandosi di attestazione unica in un contesto attributivo incerto, di fronte a lezioni dubbie, per quanto non si possa escludere la responsabilità del copista o della sua fonte, è preferibile adottare un atteggiamento più conservativo: come già Solerti, si possono accettare al v. 3 la ripetizione per anticipazione di
che congiunzione («Chi crederebe che quel, poderoso, / che» ecc.), il primo sciolto in
ch’è da Massèra e Branca, e, malgrado la probabilità che possa essere frutto di svista da parte dell’amanunense, al v. 14 l’endiadi «ghiaccio e ombra», uniformata dal Massèra all’altra occorrenza del sintagma nel sonetto precedente nel codice
R135 [A17*], v. 11 «ma stasi freda come giacio a l’ombra». Mantengo al v. 11
réda nel senso di
redda 'rigida’ (con riferimento al ‘rigor mortis’?), attestato in testi toscani (nell’OVI, per es.,
Bestiario toscano «ae si reddo lo collo», e anche con grafia scempia, «à ’l collo sì redo»), per cui Solerti suggeriva in nota la lezione
preda per ‘pietra’ (che enfatizzerebbe l’idea di immobilità contrapposta al precedente tremar, sennonché tutto il testo è costruito sulla contrapposizione
caldo/freddo: 2, 14
ghiaccio, 14
ombra, neve, 7
freddo, contro 2, 5, 10
fiamma, 4
fuoco, 12
affuoca, 13
cenere) e corretto da Massèra e Branca in
fredda. Conserviamo anche, ma con una
crux, la lezione del ms. all’ultimo verso,
strida, omesso lasciando lacuna in Solerti e corretto in
stretta da Massèra e Branca, soddisfacente dal punto di vista del senso (‘neve… in parte stretta’, cioè chiusa, quindi al riparo dal sole’), ma che si stenta a riconoscere dietro la lezione tràdita (a parte la vocale, che potrebbe essere etimologica da
strictus, ci si aspetterebbe
stret(t)a con consonante sorda e conseguente rima imperfetta con
red(d)a). È possibile tuttavia che la soluzione possa essere, banalmente,
fred(d)a, già suggerita dal Proto nella recensione all’ed. Solerti (in favore della quale Salvatore segnala opportunamente
Purg. XXIX 101, dove il sintagma parrebbe essere antonomasia per dire “il settentrione”).