Testimoni:
c (Ox
6, f. 106r;
R103, f. 44v:
Soneto di mess(er) franciescho)
Bibliografia: Solerti,
Disperse, pp. 159-160; Massèra,
Rime, pp. CXXIX,200-1; Proto [Recens. Massèra], p. 113; Branca,
Rime1, p. 352; Bianchi,
Petrarca, pp. 61, 67-68; Chiamenti,
Sonetto; Vecchi Galli,
Postfazione, p. 381; Lanza,
Rime, pp. 284-285; Leporatti,
Sonetti attribuibili, pp. 211-213.
Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CDE CDE
L’archetipo
c, già individuato per le
Rime del Boccaccio, è confermato da 7
altro in luogo di
alto. Al v. 10 si registra la diffrazione, che potremmo definire asimmetrica, Ox6
proprio R103
parlar: prendendo per buona l’ottima congettura del Massèra, che vi ha visto all’origine
per lor («il qual [cuor della donna] nïente |
per lor [riferito a 1
penne: ‘nonostante i molti scritti’] di sua durezza s’è mutata»; il Solerti si era accontentato di seguire il codice canonicense), si può supporre che alla base vi fosse una scrizione compendiata sciolta in
proprio da Ox
6 o dalla sua fonte. Non accolgo invece gli interventi regolarizzanti dei precedenti editori ai vv. 9-11 «[…] | non che il cuor d’una dòna,
il qual nïente | [per lor] di sua durezza s’è
mutata, | ma stasi
freda (R103
fredo)» ecc., e 13
disperata: il Solerti ha conservato le desinenze femminili correggendo
il qual con
la qual (e così anche Chiamenti, che erroneamente la ritiene lezione tràdita da Ox
6); il Massèra, seguito da Branca, conserva
il qual, ma adegua al maschile tutte le voci ad esso correlate, ossia 10
mutato, 11
freddo, l’unico attestato nel solo R103, dipendenti da il qual (cuor), e per la rima 13 disperato, così riferito non alla
fortuna/ventura con significato neutro, da cui la necessità di precisare che è ‘disperata’ ossia ‘disperante, avversa’, bensì all’io: ‘piango disperato la mia fortuna/ventura’ ecc. Propongo di conservare la lezione dei codici: il pronome relativo maschile si riferisce a
il cuor d’una donna e si può intrepretare come anacoluto (con slittamento dal termine specificato allo specificante, riferendo appunto a senso
mutata e
fredda alla donna) o forse meglio come accusativo alla greca (‘non mutata… il cuore’). Attribuire il triplice errore all’archetipo, sia pure qui altrimenti accertato, è ipotesi meno economica e sospetta di voler ‘migliorare’ il testo. Errori di Ox
6 ai vv. 7
avrei domuto (
avrie douto), 11
giago forse da
‘giaço’ con fonetica settentrionale (R103
giacio per ‘ghiaccio’), e di R103 9
e (che) (in questo codice sono invece varianti dialettali, cfr. Rohlfs, § 88, e pertanto conservate a testo, ai vv. 4
pitate per
pietate e 6
quitare per
chitare: cfr. TLIO s.v.). Lezioni adiafore di Ox
6 ai vv. 3
chio ossia
ch’i’ ò (cho R103) e 13
ventura (fortuna).
2 e] et Ox65 ~ parlar] parol R103
3 ch’ò] chio ho Ox6
4 aspetando] aspectendo Ox6
6 quitare] qui tare R103
7 qualunch’] qualonqua Ox6 ~ alto] altro c ~ avrien douto] aurei domuto Ox6
9 non] none R103 ~ nïente] eniente Ox6
10 per lor] propio Ox6, parlar R103
11 giacio] giago Ox6 ~ freda] fredo R103
13 fortuna] uentura Ox6