R138 [Sol. CCVI - A11**]

   S'ïo potesi lo spechio tenere

ch'al cui consiglio fêrsi le saete

che m'àno il cor degli àni più di sète

pasato sanza alcun contasto avere,


   da lui m'ingegnere' quele sapere

fabricar ioe qual tempra le mete;

po' con alquante de le più elete

vi meterei nel pèto il mio piacere:


   e ciò saria vedervi sospirare,

gridar mercé sanza trovarlas'io

no fùsi prima di vendeta sazio.


   Forse potresti anchordònaaparare

l'animo altero fare umìle e pio,

e di no far d'altrui giogondo istrazio.


Testimoni:
R103, f. 45r: Soneto di mess(er) franciescho

Bibliografia: Solerti, Disperse, p. 253; Massèra, Rime, pp. CXXX, 194; Proto [Recens. Massèra], pp. 113-114; Branca, Rime1, pp. 351-352; Bianchi, Petrarca, pp. 60-62; Lanza, Rime, p. 323; Leporatti, Sonetti attribuibili, pp. 209-210; Marti, Rime; Massèra, Caccia e Rime, pp. 169-170; Branca, Rime2, p. 143.

Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CED

Il testo è tràdito dal solo R103. Il Massèra ebbe il merito di restaurare una serie di lezioni arbitrariamente corrette dal primo editore, Angelo Solerti (ai vv. 1 S’io quello specchio potessi tenere, 4 contento in luogo di contasto, 6 vedi infra, 7 d’altre per dele, 12 potreste per potresti), e d’introdurre nuovi e per lo più opportuni emendamenti: 2 fêrsi (ms. farsi, Solerti fansi), quele (ms. quela), 6 mete (ms. mente), 9 vedervi (ms. uedermi). Il Massèra ha restituito la lezione del ms. anche al v. 5 (m’ingegnere’ sapere | Fabricar io), e qual tempra le mette (Solerti Fabbricare, la qual temprata mette), interpretando il passo nell’edizione commentata delle Rime, «e [Sottintendi: m’ingegnerei sapere] qual tempra le mette», «Amore sarà il soggetto di questo verbo, con un riferimento logico un po’ forzato»; Branca «e come le tempra: soggetto è lo specchio oppure Amore, con riferimento a senso assai forzato»; Marti suggerisce di leggere e [’n] qual, col senso di ‘a quale trattamento le sottopone per temprarle’, soluzione accolta in Leporatti Sonetti attribuibili. Si preferisce tornare qui alla soluzione più conservativa del Massèra, dando a “le” il senso di “a loro” (come nei Conti morali di anonimo senese, «Le monache la presero per forza e legàrla in tale luogo che no le potette far danno», il pronome sta per “a loro, alle monache”, come annota Segre, La prosa del Duecento, p. 493): cioè “m’ingegnerei di sapere a) fabbricarle e b) quale foggia, quale qualità conferisce loro” (Salvatore). Non accogliamo invece dall’edizione Massèra gli interventi ai vv. 1 Se io (possibile anche se ostica la lettura dieretica S’ïo) e 2 ch’al cui (Massèra Al cui). Si integra la forma gigondo in giogondo, Sol. Massèra e Branca giocondo (cfr. Boccaccio, Av son. 3 vv. 3-4 «in cui amor come ’n beato loco, | celato tiene il suo giocondo focho»; ma si potrebbe anche considerare la possibilità che all’origine vi fosse un giocando).

 

2 fersi] farsi
5 quele] quela
6 mete] mente
9 vedervi] uedermi
14 giogondo] gigniondo