Testimoni:
Pr1, f. 5r;
R103, f. 50r: /
Soneto di mess(er) franciescho/
Bibliografia: Solerti,
Disperse, p. 83; Massèra,
Rime, p. CXXXIII; Proto [Recens. Massèra], p. 116; Leporatti,
Sonetti attribuibili, pp. 215-218; Proto [Recens. Solerti], pp. 34-35; Costa,
Il codice parmense, p. 71; Sapegno,
Poeti minori, p. 450; Corsi,
Rimatori, pp. 943-944; Muscetta-Rivalta,
Poesia, p. 830.
Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDC DCD
Al v. 2 Solerti, partendo da una lettura di Pr
1 «quella che di beltà
fra l’altre belle» (non certissima per la preposizione interpretabile forse anche come
fia), corregge in «Quella ch’è la beltà fra l’altre belle». Non è erronea la lezione di R103 «quela che di biltà fa l’altre belle», che potrebbe essere accostata al motivo stilnovistico della donna che partecipa alle altre fanciulle gentilezza, amore e fede (per es. Dante,
Vede perfettamente 10-11 «e non fa sola sé parer piacente | ma ciascuna per lei riceve onore»), qui attribuito alla bellezza che di quelle virtù è la conseguenza. Anche Corsi interviene sulla lezione di Pr
1: «Quella ch’è di biltà
fra l’altre belle». Solerti è intervenuto anche ai vv. 10-11, «E’ suoi capelli più biondi che l’oro | Perchè ’l cor mi ferisse d’una lancia», non solo preferendo ricondurre il primo verso a misura eliminando
eran piuttosto che ridurre
capelli a
capei (in Pr
1 ambedue sottolineati), ma soprattutto leggendo al secondo verso
perché in luogo dell’ottimo
par che dei due testimoni, già restaurato da Corsi, da interpretare in senso dantesco ‘appare evidente che’, dando al colpo di lancia inferto dalle bellezze della donna prima enumerate il carattere di una conseguenza inevitabile: «e suoi capei piu biondi eran che ll’oro; | par che ’l cor mi ferisse d’una lancia». Al v. 13 stiamo con Pr
1 chostj nel senso di “prendi questo, prendi là”, contro
chostei di R103 riferito alla palla di neve dei precedenti editori, banalizzazione indotta da
colei del verso successivo (Salvatore).