Testimoni:
Bart(1), f. 41v: M(esser) franc(esc)o petrarcha [attribuzione collettiva]; Bart(2), f. 45v: M(esser) francesco Petrarcha [attribuzione collettiva]; Bo1(2), f. 45r [attribuzione implicita]; Bo1(4), f. 152r: M.F.P.
Bibliografia: Solerti,
Disperse, p. 190; Barber,
Disperse, p. 25; Ferrato,
Raccolta di rime, p. 24; Fiacchi,
Collezione d'opuscoli, p. 103.
Schema metrico: sonetto ABBA ABBA CDE CDE
Tràdito, in entrambi i casi in doppia copia, dalle due celebri sillogi cinquecentesche. In Bo
1 è trascritto prima (e s’intende nell’ordine delle carte, non potendosi determinare la successione cronologica né i rapporti genealogici) nell’antologia di «disperse» tramandata dalla seconda unità codicologica; più avanti la si trova di mano di Ludovico Beccadelli a f. 152r, tra i fascicoli di diversa origine dell’eterogenea quarta sezione del manoscritto. Nel codice della Crusca, il testo è invece trascritto dalla solita mano di Lorenzo Bartolini, e depennato a f. 45v, con la nota
scripto in q(uest)o a 41, ancora di sua mano ma con inchiostro più scuro.
Non si rilevano difficoltà testuali; pur nella semplicità della situazione, tuttavia, il testo circolante nella tradizione editoriale non è esente da qualche piccola menda, tutte risalenti al primo editore, Luigi Fiacchi, e da lui trasmesse per li rami alla silloge solertiana. Al v. 6
nutrican ha sostituito la desinenza argentea (
nutricon, ʻnutronoʼ) concordemente attestata. La lezione 9
affamato, che nel contesto parrebbe appropriata, ma è contraddetta dall’accordo di tutti i testimoni, potrebbe essere stata riportata in tal modo dal Fiacchi per un’errata lettura di Bart (suo testo base per esplicita dichiarazione), dove effettivamente è facile lo scambio -
nn- / -
m-. Non c’è motivo di preferire 12
fuore al
fore di tutti i manoscritti. Delle ultime due imperfezioni che si sono rilevate, aveva già fatto giustizia Barber nella sua edizione; per parte sua lo studioso ha però invertito arbitrariamente l’ordine dei vv. 12-13, forse perché non risultava immediatamente perspicua la posizione di inciso di
dunque al v. 13.
Sul piano esegetico, si propone d’interpretare diversamente da Barber 4
tutto fuor delle leggi di natura. Dalla traduzione («against all laws of nature | I suddenly became another person») si ricava infatti che lo studioso ritiene che sia l’atto di trasformarsi in altro a essere dichiarato contrario alle leggi naturali; sembra però più opportuno riferire il
portentum a quel che segue, cioè al fatto che il poeta, dopo aver incontrato lo sguardo dell’amata, non cerca più nutrimento e al fatto che l’unica (6
né me nutricon più cose diverse) risorsa rimastagli per sopravvivere, sia ammirare gli occhi di madonna. Per il valore del sintagma
tutto fuor (ʻaffatto estraneoʼ), è ovvio il richiamo a
Pg. XVI, 42 «per modo tutto fuor del moderno uso». Al v. 8 l’impiego metaforico di
fura, ʻtraeʼ (ma normalmente ʻrubaʼ), allude probabilmente all’atto compiuto contro il volere dell’amata, che topicamente non vorrà concedere la sua grazia al poeta.