SP124

   Quand' Amorsua mercede et mia ventura,

col colpo de' vostri occhi 'l cor m'aperse,

incontinenti in altro mi converse

tutto fuor delle leggi di natura:


   da indi in qua non ho de' cibi cura,

 me nutricon più cose diverse;

sol per gli occhi onde pria l'alma si perse

dai vostri sguardi il mio la vita fura
.

  Di questo pasco l'affannato core,

et de l'alta dolcezza ch'indi libo

mi nutro  ch'a morte non arrivo.


   Per ch'io non esca d'esta vita fore,

dunquenon ricercate un altro cibo,

che questo basta a mantenermi vivo.



Testimoni:
Bart(1), f. 41v: M(esser) franc(esc)o petrarcha [attribuzione collettiva]; Bart(2), f. 45v: M(esser) francesco Petrarcha [attribuzione collettiva]; Bo1(2), f. 45r [attribuzione implicita]; Bo1(4), f. 152r: M.F.P.

Bibliografia: Solerti, Disperse, p. 190; Barber, Disperse, p. 25; Ferrato, Raccolta di rime, p. 24; Fiacchi, Collezione d'opuscoli, p. 103.

Schema metrico: sonetto ABBA ABBA CDE CDE

Tràdito, in entrambi i casi in doppia copia, dalle due celebri sillogi cinquecentesche. In Bo1 è trascritto prima (e s’intende nell’ordine delle carte, non potendosi determinare la successione cronologica né i rapporti genealogici) nell’antologia di «disperse» tramandata dalla seconda unità codicologica; più avanti la si trova di mano di Ludovico Beccadelli a f. 152r, tra i fascicoli di diversa origine dell’eterogenea quarta sezione del manoscritto. Nel codice della Crusca, il testo è invece trascritto dalla solita mano di Lorenzo Bartolini, e depennato a f. 45v, con la nota scripto in q(uest)o a 41, ancora di sua mano ma con inchiostro più scuro.
Non si rilevano difficoltà testuali; pur nella semplicità della situazione, tuttavia, il testo circolante nella tradizione editoriale non è esente da qualche piccola menda, tutte risalenti al primo editore, Luigi Fiacchi, e da lui trasmesse per li rami alla silloge solertiana. Al v. 6 nutrican ha sostituito la desinenza argentea (nutricon, ʻnutronoʼ) concordemente attestata. La lezione 9 affamato, che nel contesto parrebbe appropriata, ma è contraddetta dall’accordo di tutti i testimoni, potrebbe essere stata riportata in tal modo dal Fiacchi per un’errata lettura di Bart (suo testo base per esplicita dichiarazione), dove effettivamente è facile lo scambio -nn- / -m-. Non c’è motivo di preferire 12 fuore al fore di tutti i manoscritti. Delle ultime due imperfezioni che si sono rilevate, aveva già fatto giustizia Barber nella sua edizione; per parte sua lo studioso ha però invertito arbitrariamente l’ordine dei vv. 12-13, forse perché non risultava immediatamente perspicua la posizione di inciso di dunque al v. 13.
Sul piano esegetico, si propone d’interpretare diversamente da Barber 4 tutto fuor delle leggi di natura. Dalla traduzione («against all laws of nature | I suddenly became another person») si ricava infatti che lo studioso ritiene che sia l’atto di trasformarsi in altro a essere dichiarato contrario alle leggi naturali; sembra però più opportuno riferire il portentum a quel che segue, cioè al fatto che il poeta, dopo aver incontrato lo sguardo dell’amata, non cerca più nutrimento e al fatto che l’unica (6 né me nutricon più cose diverse) risorsa rimastagli per sopravvivere, sia ammirare gli occhi di madonna. Per il valore del sintagma tutto fuor (ʻaffatto estraneoʼ), è ovvio il richiamo a Pg. XVI, 42 «per modo tutto fuor del moderno uso». Al v. 8 l’impiego metaforico di fura, ʻtraeʼ (ma normalmente ʻrubaʼ), allude probabilmente all’atto compiuto contro il volere dell’amata, che topicamente non vorrà concedere la sua grazia al poeta.
1 et mia] et sua Bart(2)
7 si perse] si /s/perse Bart(2)
8 il mio] il cor → (t) (mio intl. su cor )
9 di questo] di questi Bart(1)