Testimoni:
V3, f. 277r: PETRARCHA; Questo sonetto fece|lo il Pet(rarc)a doppo | il Sonetto Ibe|gliocchi ond’io | fu p(er)cosso in | guisa. come al|cuni dicono [marg.]; Bo1, f. 83v [attribuzione implicita]
Bibliografia: Solerti,
Disperse, p. 182; Barber,
Disperse, p. 38; Ferrato,
Raccolta di rime, p. 24; Fiacchi,
Collezione d'opuscoli, p. 103.
Schema metrico: sonetto ABBA ABBA CDC DCD
Il testo si legge, con differenze solo formali, nei testimoni cinquecenteschi Bo
1 e V
3, che lo tramandano con lezione perfetta. Portato ormai esclusivo di questi due codici, esso risulta essere stato attinto dal codice Bolognese tramite la fonte definita «A» (=
Bc) dalla mano di Ludovico Beccadelli, dalla quale derivò probabilmente anche V
3. Fino all’Ottocento il sonetto era presente anche in Bart, come dimostra il fatto che il Fiacchi lo pubblicò in
Collezione d’opuscoli, p. 103 traendolo dal codice che chiama «A» (il quale è appunto identificabile con la Raccolta Bartoliniana), nella quale, come nei due testimoni sopravvissuti, era contiguo a SP117.
Salvo qualche recupero di natura formale e qualche differenza interpuntiva non ci sono novità testuali di rilievo rispetto all’edizione Solerti. Come già fatto da Barber, va però corretta l’errata trascrizione del v. 12:
Ché ancor fare lo puoi mentre sei viva, già risalente a Fiacchi (ma forse già di Bart) e passata alle edizioni di Ferrato e Solerti: il testo tràdito presenta infatti
ancora con scrittura piena, mentre è apocopato il verbo enclitico
farlo.
Il sonetto suscita qualche problema solo al v. 11. Di certo non ci si può sbrigare di
primai come fa Barber («Prima-primai: for purposes of rhyme. Though common in Boccaccio and other contemporaries of Petrarch, it does not occur in the
Canzoniere or
Trionfi») perché la voce non può essere interpretata come distorsione di ʻprimaʼ, come sostenuto dallo studioso, ma è ovviamente la forma plurale di ʻprimaioʼ. Data anche la testimonianza di V
3 de primai, sembra opportuno interpretare
di come
dî, cioè ʻdeiʼ (cfr. Breschi,
Preposizione dî), con significato partitivo, e
primai con ʻprecedentiʼ oppure ʻmiglioriʼ (per quest’ultimo cfr.
GDLI, s.v. ʻPrimaioʼ, 2): ʻritorno al tuo primo operareʼ, oppure ʻritorna all’operare tuo dei migliori (= all’operare tuo migliore)ʼ. La stessa incertezza interpretativa si pone per l’unica occorrenza di questo sintagma (in due diverse redazioni di un volgarizzamento senecano) che è opportuno citare per esteso:
Pistole di Seneca (red. II), L. 1, ep. 2, p. 6, col 2: E io ti dico che volere assaggiare diverse vivande apartiene a huomo c'ha malo stomaco e corrotto e pieno di schifaltà e d’abominazione; e lla diversità delle vivande non notrica, anzi guasta lo stomaco. Dunque leggi tuttavia i migliori libri e più provati e, se alcuna volta e’ ti piace di leggere degli altri, ritorna a’ primai il più tosto che puoi. E procaccia ciasqun dì alcuno aiuto e rimedio contra la povertade e contra la morte e neente meno contra l'altre pestilenzie – e quelle sono i vizii –; e, quando tu avrai posto mente e riguardate molte cose, scegline una la quale tu apprenda il dì e tenghi a mente
Pistole di Seneca (red. I), L. 1, ep. 2, p. 291: io ti dico che a volere assaggiare diverse vivande apartiene a uomo che ha male stomaco e corrotto e pieno di schifaltà e d'abominazione e lla diversità delle vivande non nutrica, anzi guasta lo stomaco. Dunque leggi tuttavia i migliori libri e i più provati; e sse alcuna volta e’ ti piace di leggere degli altri, ritorna a’ primai più tosto che tu puoi, e procaccia ciascuno die alcuno aiuto e rimedio contro alla povertade e encontro alla morte […]
Minime chiose possono aiutare la comprensione del testo. I vv. 2-3
a che più pensi di voler salire |
in luogo che porria prima finire |
l’alta virtute […] sono collegati per anacoluto, dove il sintagma
superni scanni allude dantescamente alle sedi dei beati; esso doveva essere più diffuso di quanto i
corpora non attestino, se nel codice Saibante-Hamilton si tramanda un sonetto il cui
incipit suona
O tu che ne’ superni aurati scanni. Al v. 8
compensando vale ʻvalutandoʼ, ʻconsiderandoʼ (cfr.
TLIO, s.v. ʻcompensareʼ, 3);
fragile, al v. 13 vale invece ʻcedevoleʼ, ʻdi scarsa fermezza moraleʼ (cfr.
TLIO, s.v. 3). Come al solito per la tradizione cinquecentesca, si segue Bo
1 come testimone base, rassicurati da una certa maggiore spontaneità delle sue forme (cfr. al v. 8
Volgeti contro
Volgiti di V
3; al v. 9
indrieto contro
indietro; al v. 12
pòi contro
puoi), difficilmente attribuibili al copista di questa sezione.