Testimoni:
Est929, f. 67r
Schema metrico: sonetto ABBA ABBA CDE CDE
Inglobato nel Canzoniere, è attestato unicamente da Est929, singolare testimone contenente le sole rime ‘in vita’, il cui ordine relativamente regolare e canonico inciampa, fra
Rvf 152 e
Rvf 153, nell’interpolazione di due testi: a f. 67r, su una stessa facciata, occorrono infatti una mediocre trascrizione di
Rvf 269 – che perterrebbe in realtà alle rime ‘in morte’ – e
Sì come il cervo. Certamente la collocazione adiacente dei due non sarà casuale nell’eziologia del recupero: è probabile che un copista abbia attinto da manoscritto miscellaneo
Rvf 269 preceduto da un’attribuzione petrarchesca, e che questa sia stata creduta concernere anche il testo che lo seguiva, ossia il presente. Il tema del Salmo 41 (42) è infatti, certo, petrarchesco, come in
Rvf 212 v. 7,
Rvf 190 vv. 1-8, e in particolare
Rvf 270 v. 20, ma troppo culturalmente diffuso e alla portata di qualsiasi rimatore per innescare un’attribuzione ‘tematica’ sulla scorta di tale elemento.
La lingua del sonetto, anche prescindendo dalla patina del manoscritto e anzi più di questa, denuncia chiaramente una genesi settentrionale, perché insensibile all’opposizione scempia / geminata (
lagi in rima con
selvagi e
ragi, nel ms. riportato a
raggi) e scarsamente ricettiva anche di quella sorda / sonora in posizione intervocalica (
estate :
giornate :
etate in rima con
strate), oltre a presupporre un passaggio da affricata postalveolare a alveolare, sia pure occultato nel testimone (
solazo in rima con
giazzo, “ghiaccio”, ma
giacco nel ms.). La tipologia di plurale
lagi (“laghi”) e in rima con questo, con ogni probabilità,
vagi (ma nel ms. riportato a
vaghi), si trova poi attestata nel
corpus OVI in emiliano, veneto eug.>umbro-march., veneziano, tosc.-padov. e padovano (oltre a
lagi e
vagi svariati casi di
dragi “draghi” e
agi “aghi”; mentre è ovviamente un caso a sé
magi), cosicché il cerchio sembra restringersi all’area padano-veneta. È meno significativa la scrizione
gia- per
ghiaccio, che essendo fuori rima potrebbe spettare al copista, e comunque non necessariamente avere sostanza fonica, senza contare che di essa si trovano occorrenze anche in Toscana (dal
corpus OVI
gia-ccio nella
Fiorita di Armannino, nelle
Rime di Cavalca, nel
Trecentonovelle di Sacchetti).
Muovendo dalla fonetica alla morfologia, è degno di menzione
estate maschile, di cui si trovano molto scarse attestazioni quattrocentesche, nel
Libreto de tutte le cosse che se magnano di Michele Savonarola («d’inverno non se debono manzar cosse leziere e de poco nutrimento, né herbazo, ma cosse solide e di nutrimento bono e assai, il perché il caldo naturale è cussì più forte ne tal tempo e
in lo estate el contrario»; «Ma dice Galieno che a putti non se ge dè al tutto tore il bevere del’aqua freda, ma spesso beva sopra el cibo
nelo estate»; sempre più frequenti le attestazioni, nei secoli successivi, fino al XIX), ed è significativo e dirimente che ci troviamo ancora fra Padova e l’Emilia.
Infine l’uso non propriamente partitivo di
pochi /
poche di al v. 4 è raro, ma anch’esso conta nondimeno diversi esempi:
Egidio Romano volgariz., L. 1, pt. 2, cap. 18 - pag. 55, r. 28: «e perciò che natura è di poco appagata, e
poche di cose bastano ad una persona, sed elli avviene che uno uomo abbia grande abbondanza di ricchezze, sed elli non le ordena ai beni delle altre genti, le sue ricchezze sono vane ed oziose»;
Fatti dei Romani (H+R), [Luc. IX] (R) 76 - pag. 502, r. 8: «Al didietro uscirono di questo sabione e cominciarono a trovare la terra ferma e dura, e a vedere alberi e boschi con
poche di foglie, ché di verno iera»;
Orazioni di Cesare e Catone (red. alfa), II [Tes., III.37] - pag. 123r, r. 31: «e ssì come voi vedete,
pochi di malfactori distrugieno una gran torba di buona gente».
Il testo tradito non richiede interventi, se non, alla luce di quanto detto finora, la normalizzazione della rima, certamente perfetta nell’originale: rispetto al manoscritto, dunque, 6
vaghi >
vagi; 7
raggi >
ragi; 10
giacco >
giazzo; a proposito di quest’ultimo caso, si noti che
giazzo in rima con
lazzo è nel ferrarese Antonio Beccari, canz. 8, v. 40.