SP173

   Lo odore e la umbra dil fiorito lauro,
gli arbor' frondosiel rider degli prati,
e el cantar degli ucegli inamorati
quando col Sole si governa il Thauro;

   rubini e perle colligate in auro,
homeni e donne dietro amor sviati,
e più s'ei sum de goderse fermati
il lor secreto amoroso thexauro;

   ogni vagaligiadra o bella cosa,
gentilsuavegaia o pelegrina
che io odo unquavedolègocanto o scrivo,

   nel rimembrare dolce o dillectosa,
sempre mi punge cum la antica spina,
e nel cuor mi rinverde un lauro vivo.


Testimoni:
L17, f. 69r (> L41.2, f. 46vb)

Bibliografia: Solerti, Disperse, p. 230.

Schema metrico: Sonetto ABBA ABBA CDE CDE
      Questo sonetto monoperiodico non necessita di emendamenti testuali. Il v. 11 richiede infatti una scansione che io o1do un2qua3 ve4do5, con sinalefe che scavalca io (Menichetti, Metrica italiana, p. 313: «La sinalefe può anche interessare tre parole, quando quella mediana è (...), più di rado (...) io e simm.»), e echeggia certi ben noti virtuosismi prosodici quali Rvf 164 v. 5 o Rvf 303 v. 5 o soprattutto senz’altro Rvf 204 v. 2: «vedi, odi et leggi et parli et scrivi et pensi». La correzione di Solerti ch’i’ vedo ’vunque leggo, canto o scrivo, brillante senz’altro nel tentativo di gerarchizzare la piatta coordinazione in efficace ipotassi (così facendo, il segmento che segue ’vunque va letto come subordinata relativa), alla luce di questo luogo parallelo diventa però fuorviante. Al più non sarebbe illegittimo – per quanto in ogni caso non necessario –, mantenendoci stretti al testo tradito che io odo unqua, vedo, un ritocco discreto che io o[v]onqua vedo, fermo stante l’andamento paratattico del verso.
      Allo stesso modo, la sensibilità morfologica ‘petrarchesca’ di Solerti lo induceva a ortopedizzare il v. 2 in rider[e] de’ prati. Ma fuori da Petrarca la selezione dell’articolo gli davanti a occlusiva conta numerosi esempi, diatopicamente distribuiti ovunque: Dante, Rime, 73 (XXXV), v. 12 «però ch’egli hanno in sé, gli dolorosi, | quel dolce nome di mia donna scritto»; Nicolò de’ Rossi, son. 228 v. 12 «ché solo gli pensieri miei diversi»; Giovanni Quirini 21 v. 6 «che non fuor gli Troiani a Iunon dea»; Neri Moscoli, Rime, 2 v. 56 «né mai alcun degli miei spirte scorda», etc.
      Allo stesso v. 2, è evidente che el si può sciogliere in congiunzione con articolo e ’l, come fa Solerti; ma il fatto che lo stesso nesso sia indicato al successivo v. 3, inequivocabilmente, come e el, rende più fedele al manoscritto optare per la forma asindetica.
      L17 e il suo descriptus si distinguono per minime varianti formali o grafiche: 6 Homeni > Huomini; 8 Illor > Ellor; 10 suaue > soaue; 10 gaya > gaia; 10 pelegrina > pellegrina; 13 Senpre > Sempre; nonché per un’ipermetria apparente, 14 cuor > cuore.